UNCAI in prima linea nella sperimentazione nazionale. Bambagiotti (Contoterzisti Umbria): “Svolta vicina, ma la tecnologia richiede professionisti certificati”. Remagni Buoli (Apima Cremona): “Superare i paradossi burocratici, il drone entri nell'Albo degli Agromeccanici”
Bologna, 12 dicembre 2025 – L’agricoltura 4.0 è pronta a spiccare il volo, letteralmente, anche in Italia. L’uso dei droni per la distribuzione di prodotti fitosanitari non è più fantascienza, ma una realtà sperimentale che vede i contoterzisti UNCAI al centro della scena. Se in Cina il 95% dei droni agricoli viene impiegato per trattamenti fitosanitari e solo il 5% per il monitoraggio, in Europa la situazione è storicamente capovolta a causa dei divieti normativi. Tuttavia, la rotta è ormai tracciata: l’Italia si muove verso il modello orientale, puntando su precisione e sostenibilità.
Il punto sulla situazione è stato fatto lo scorso 5 dicembre all’Università di Bologna (DISTAL), durante un incontro tecnico che ha visto la partecipazione dei Servizi Fitosanitari di quattro regioni pilota (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Toscana) e una delegazione UNCAI composta da Sergio Bambagiotti (Presidente Contoterzisti Umbria), il consulente tecnico Luca Pacicco, il vicepresidente di Apima Uncai Cremona Rossano Remagni Buoli e il pilota professionista Roberto Remagni Buoli.
Al centro del dibattito, i risultati delle prove condotte su diverse colture strategiche. Il “dronista” Roberto Remagni Buoli ha curato personalmente le sperimentazioni su vite (a Predappio), pomodoro (a Piacenza) e cipolla, mentre altri test hanno riguardato le risaie del vercellese. I dati emersi smontano molti pregiudizi, pur evidenziando la necessità di un approccio altamente professionale
Tra gli aspetti tecnici più rilevanti ci sono la deriva e l’ampiezza di un intervento eseguito attraverso un drone. Un drone largo mediamente 2 metri è in grado di coprire una fascia di trattamento di 7 metri. “I dati raccolti dimostrano che la deriva è gestibile”, spiegano i tecnici UNCAI. “Per evitare danni alle colture confinanti o abitazioni, il drone deve operare rientrando di alcuni metri rispetto al perimetro del campo, ma la precisione è nettamente superiore a quella di sistemi obsoleti”.
Le analisi si sono poi soffermate sull’efficacia dei trattamenti. Nel caso del riso il drone si è dimostrato più efficace delle macchine tradizionali: l'intossicazione delle infestanti target è stata rilevata 24 ore prima rispetto ai metodi convenzionali. Su colture verticali come la vite, nonostante il drone spruzzi dall'alto verso il basso (a differenza degli atomizzatori che colpiscono le foglie lateralmente e dal basso), l'efficacia del trattamento è risultata equiparabile ai sistemi tradizionali.
Oltre all’efficienza e all’efficacia, altro tema dibattuto è stato quello della sostenibilità: “I vantaggi ambientali sono innegabili. L'uso del drone azzera il calpestio e la compattazione del suolo, permette di operare su terreni bagnati o inaccessibili ai mezzi gommati e garantisce una drastica riduzione del consumo di carburante e dei volumi d'acqua necessari per la miscela”, spiega Rossano Remagni Buoli.
Nonostante le evidenze tecniche, il nodo resta burocratico. Attualmente, Ministero della Salute e Ministero dell'Agricoltura stanno elaborando le linee guida per la sperimentazione che durerà tre anni, al termine dei quali verrà presa una decisione definitiva. Entro 90 giorni sono attese le regole operative per sbloccare nuovi test.
Rossano Remagni Buoli (Vicepresidente Apima Cremona) evidenzia una disparità normativa: “Ci scontriamo con eccessi burocratici sui droni, tecnologie di alta precisione, mentre sono permessi strumenti come i 'cannoni' insetticidi che disperdono fitofarmaci in balia del vento. Occorre una semplificazione immediata: inserire la figura del pilota di droni nell’Albo degli Agromeccanici garantirebbe competenza e meno burocrazia. È però indispensabile che l’Unione Europea stabilisca regole comuni, come ribadito dal professor Paolo Gay dell’Università di Torino, per evitare che ogni Paese proceda in ordine sparso, impedendo la raccolta di dati armonizzati”.
D’altra parte la tecnologia corre veloce e le prestazioni dei droni, già superiori ai mezzi tradizionali, migliorano di anno in anno, rendendo obsoleti i timori di ieri. Tuttavia, la sicurezza resta prioritaria.
“Le prime evidenze danno ragione alla rivoluzione dei droni: il controllo della deriva è possibile, ma solo se il quadricottero è nelle mani di un pilota esperto”, conclude Sergio Bambagiotti, che annuncia l’intenzione di portare il dibattito alla prossima fiera Agriumbria (Bastia Umbra, 27-29 marzo). “Non è un’attrezzatura per tutti. Sbagliare altezza di volo o dosaggio può causare danni a terzi che non si risolvono con la diplomazia. La strada è la professionalizzazione: i contoterzisti sono pronti a lavorare gomito a gomito con le ASL e i servizi fitosanitari regionali nelle future sperimentazioni facilitando la stesura di regole chiare ed efficaci ai ministeri della salute e dell’agricoltura”.